Un team di 200 sacerdoti commenta il Vangelo del giorno
200 sacerdoti commenti il Vangelo del giorno
Contemplare il Vangelo di oggi
Vangelo di oggi + omelia (di 300 parole)
Antioco, credendosi disprezzato e sospettando che quel linguaggio fosse di scherno, esortava il più giovane che era ancora vivo; e non solo a parole, ma con giuramenti prometteva che l’avrebbe fatto ricco e molto felice, se avesse abbandonato le tradizioni dei padri, e che l’avrebbe fatto suo amico e gli avrebbe affidato alti incarichi. Ma poiché il giovane non badava per nulla a queste parole, il re, chiamata la madre, la esortava a farsi consigliera di salvezza per il ragazzo. Esortata a lungo, ella accettò di persuadere il figlio; chinatasi su di lui, beffandosi del crudele tiranno, disse nella lingua dei padri: «Figlio, abbi pietà di me, che ti ho portato in seno nove mesi, che ti ho allattato per tre anni, ti ho allevato, ti ho condotto a questa età e ti ho dato il nutrimento. Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano. Non temere questo carnefice, ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia».
Mentre lei ancora parlava, il giovane disse: «Che aspettate? Non obbedisco al comando del re, ma ascolto il comando della legge che è stata data ai nostri padri per mezzo di Mosè. Tu però, che ti sei fatto autore di ogni male contro gli Ebrei, non sfuggirai alle mani di Dio».
Tieni saldi i miei passi sulle tue vie e i miei piedi non vacilleranno. Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio; tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole.
Custodiscimi come pupilla agli occhi, all’ombra delle tue ali nascondimi. Io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua immagine.
»Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: «Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci». Gli disse: «Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città». Poi si presentò il secondo e disse: «Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque». Anche a questo disse: «Tu pure sarai a capo di cinque città». Venne poi anche un altro e disse: «Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato». Gli rispose: «Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi».
»Disse poi ai presenti: «Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci». Gli risposero: «Signore, ne ha già dieci!». «Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me»».
Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.
«Fatele fruttare fino al mio ritorno»
P. Pere SUÑER i Puig SJ (Barcelona, Spagna)Oggi, il Vangelo ci propone la parabola delle mine: una quantità di denaro che quel nobile distribuì tra i suoi servi, prima di partire per un paese lontano. Anzitutto consideriamo l’occasione che provoca la parabola di Gesù. Egli andava “salendo” a Gerusalemme, dove lo aspettavano la Passione e la Risurrezione. I discepoli «Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, disse ancora una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro» (Lc 19,11). Ed è in queste circonstanze quando Gesù propone questa parabola. Con essa, Gesù ci insegna che dobbiamo far fruttificare i doni e le qualità che Egli ci ha dato. Non sono “nostri” quindi non possiamo fare tutto ciò che vogliamo. Egli ce li ha lasciati per farli fruttificare. Quelli che hanno fatto fruttare le mine —più o meno— sono lodati e premiati per il suo Signore. É il servo pigro, che mise i soldi da parte in un fazzoletto senza farlo rendere, è colui che è rimproverato e condannato.
Il Cristiano, dunque deve aspettare —È chiaro!— il ritorno del suo Signore, Gesù. Però con due condizioni, se si vuole che l’incontro sia amichevole, la prima è allontanare la curiosità malsana di voler sapere l’ora del solenne e vittorioso ritorno del Signore. Verrà, disse in un altro momento, quando meno lo pensiamo. Via per tanto le speculazioni su questo! Aspettiamo con speranza, però in un’attesa fiduciosa senza curiosità malsana. La seconda è di non perdere il tempo. L’attesa dell’incontro e della fine gioiosa non può essere una scusa per non prenderci sul serio il presente. Precisamente, perché la gioia e il piacere dell’incontro finale sarà tanto migliore quanto maggiore sia la apportazione che ognuno abbia fatto per la causa del regno nella vita presente.
Non manca, neanche qui, la grave avvertenza di Gesù a quelli che si ribellano contro di Lui: «E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me» (Lc 19,27).
Pensieri per il Vangelo di oggi
«Quando il cristiano elimina il suo tempo sulla terra, si rischia di annullare il suo cielo» (San Josemaria)
«Qualsiasi ambiente, anche il più lontano ed impraticabile, può diventare un luogo dove mettere a frutto i propri talenti. Non ci sono situazioni o luoghi esclusi dalla presenza e dalla testimonianza cristiana.» (Francesco)
«(…) Ogni uomo si costituisce 'erede', ottiene dei 'talenti' che arricchiscono la sua identità e che deve portare a compimento. Infatti, bisogna affermare che ognuno ha dei doveri nei confronti delle comunità di cui fa parte (…)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, nº 1.880)