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«Beati i perseguitati per la giustizia»
Fray Josep Mª MASSANA i Mola OFM (Barcelona, Spagna)Oggi celebriamo la memoria dei martiri dell'Uganda: S. Carlo Lwanga e compagni, uccisi tra il 1885 e il 1887 per la ferocia del Re Mwanga, in odio alla fede che professavano a Gesù e perché volevano accedere ai desideri impudenti del re. Morirono ventidue cattolici: il più giovane di loro, St. Kizito, aveva dodici anni. C'erano anche una ventina di anglicani. Fu un martirio molto ecumenico. Mentre erano in prigione, San Carlo Luanga li incoraggiava a essere fedeli, rafforzandoli con fede e nell’amore a Gesù. Il primo a morire, Joseph Balikuddembe, disse al boia, "Dite al re, che moriamo ingiustamente, ma noi lo perdoniamo; e che si penedica».
Namungongo con la cattedrale dedicata ai martiri, è il simbolo delle chiese cristiane ugandese, e non solo cattoliche, fecondate con il sangue dei martiri.
Le beatitudini che meditiamo oggi si adattano molto bene con i martiri, ma soprattutto quella che dice: «Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,10). I martiri dell'Uganda furono perseguitati e martirizzati "per essere giusti". La sua giustizia e santità erano un revulsivo per gli ingiusti. Anche quello: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8). La purezza di cuore garantisce capacità contemplativa.
Il Papa ha insistito pesso sul fatto che la Chiesa ha piú bisogno di testimonianze che di insegnanti. I martiri sono testimoni per definizione, poiché la parola "martire" significa "testimonianza". I martiri dell'Uganda sono stati autentici testimoni di Gesù, senza paura ne vergogna, anche se questo portó alla sua morte. Sono, quindi, un esempio per il mondo di oggi, poco inclinato a rischiare la propria vita per la causa del Regno.
Nella misura in cui diamo testimonio de Gesù, anche noi siamo "martiri", se non spargendo il sangue, sì per il coraggio di rischiare la vita per la fede in Lui.