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Contemplare il Vangelo di oggi

Vangelo di oggi + omelia (di 300 parole)

Venerdì, XXX settimana del Tempo Ordinario
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Prima Lettura (Rom 9,1-5): Fratelli, dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.
Salmo Responsoriale: 147
R/. Celebra il Signore, Gerusalemme.
Celebra il Signore, Gerusalemme, loda il tuo Dio, Sion, perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte, in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

Egli mette pace nei tuoi confini e ti sazia con fiore di frumento. Manda sulla terra il suo messaggio: la sua parola corre veloce.

Annuncia a Giacobbe la sua parola, i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele. Così non ha fatto con nessun’altra nazione, non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.
Versetto prima del Vangelo (Gv 10,27): Alleluia, alleluia. Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore, e io le conosco ed esse mi seguono. Alleluia.
Testo del Vangelo (Lc 14,1-6): Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa. Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.

«È lecito o no guarire di sabato?»

Rev. D. Darío Gustavo GATTI Giorgio ISSDSch (Rosario, Santa Fe, Argentina)

Oggi il Vangelo ci mostra Gesù: fermo come un bue, mite come un asino. Si trova in casa di un fariseo importante; è sabato. «Essi stavano a osservarlo» (Lc 14,1). In questo clima di giudizio, Gesù guarda davanti a sé e vede un uomo idropico. La sua domanda è diretta: «È lecito o no guarire di sabato?» (Lc 14,3). Una domanda che sfida la rigidità della legge in nome della compassione, del cuore. La legge del sabato, come la nostra domenica, era destinata al riposo e alla santificazione, ma si era trasformata in un peso. Con l’immagine del «figlio o del bue caduto in un pozzo», Gesù mette in luce l’incoerenza di coloro che, preoccupati per i propri beni, li avrebbero salvati senza esitazione, mentre avrebbero rimandato — perché sabato — la guarigione di una persona.

Uno che fu tratto fuori da un pozzo è Saulo di Tarso. Immaginiamo la sua azione di grazie, in sintonia con le parole di papa Leone XIV: «Mentre allora ringraziamo il Signore per la chiamata con cui ha trasformato la sua vita…, gli chiediamo di saper coltivare e diffondere la sua carità, facendoci prossimi gli uni per gli altri.» San Beda interpreta il bue e l’asino come «i popoli giudeo e gentile, chiamati a essere liberati dal pozzo della concupiscenza.» Gesù libera tutti, senza distinzione di condizione o di tempo. Essendo il “Figlio”, avrà certamente ricordato quella notte a Betlemme, sotto lo sguardo tenero di Maria e Giuseppe, quando un bue e un asino lo contemplavano: quel Bambino venuto a tirarci fuori dal pozzo del peccato, tutti e per sempre. Oggi, con occhi di misericordia, ci invita a guardare prima alle persone che alle cose, a dare priorità alla vita, ogni giorno.

La guarigione di oggi, e la parola di Gesù, ci interpellano: le nostre norme, tradizioni o comodità ci impediscono forse di vedere la necessità dell’altro? La mensa — simbolo e sacramento della comunità e della vita eucaristica — alla quale siamo tutti invitati, riflette una verità profonda: la nostra vita ha un valore incalcolabile. A quella mensa, Gesù lava i piedi, si dona come alimento e ci raccomanda: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19).

Pensieri per il Vangelo di oggi

  • «Questo idropico fu guarito alla presenza del fariseo, perché nella malattia del corpo dell'uno si esprime la malattia del cuore dell'altro» (San Gregorio Magno)

  • «La via per essere fedeli alla legge, senza trascurare la giustizia, senza trascurare l'amore, è la via opposta: dall'amore all'integrità; dall'amore al discernimento; dall'amore alla legge. Questa è la via che Gesù ci insegna» (Francisco)

  • «(…) I regimi la cui natura è contraria alla legge naturale, all'ordine pubblico e ai fondamentali diritti delle persone, non possono realizzare il bene comune delle nazioni alle quali essi si sono imposti» (Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1.901)

Altri commenti

«Ma essi tacquero»

Rev. D. Antoni CAROL i Hostench (Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)

Oggi centriamo il nostro interesse sulla questione struggente che Gesù fa ai farisei: «È lecito o no guarire di sabato?» (Lc 14,3), e l'annotazione significativa da Luca: «Ma essi tacquero» (Lc 14,4).

Sono molti gli episodi evangelici in cui il Signore rimprovera i farisei la loro ipocrisia. Notevole è il desiderio di Dio per farci chiaro quanto Lui spiace questo peccato —la falsa apparenza, l’ inganno presuntuoso—, che è agli antipodi di quella lode di Cristo a Natanaele: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità» (Gv 1,47). Dio ama la semplicità del cuore, l’ingenuità di spirito e, tuttavia, respinge con forza l'intreccio, lo sguardo torbido, il doppio animo, l’ ipocrisia.

Il significativo della domanda del Signore e la risposta in sordina dei farisei è la cattiva coscienza che, in sostanza, avevano. Davanti c'era un paziente che voleva essere guarito da Gesù. Il compimento della Legge ebraica -mera attenzione ai testi in spregio dello spirito- e la presunzione sciocca di condotta impeccabile, porta loro ad essere colpiti dell’ l'atteggiamento di Cristo chi, guidato dal suo cuore misericordioso, non si lascia legare per il formalismo di una legge, e vuole restituire la salute a chi mancava essa.

I farisei, si rendono conto che il loro comportamento ipocrita non è giustificabile e quindi taciono. In questo brano traspare una chiara lezione: la necessità di comprendere che la santità è il seguimento di Cristo —fino all’innamoramento pieno— e non il freddo adempimento di precetti giuridici. I comandamenti sono santi perché provengono direttamente dalla infinita Sapienza di Dio, ma è possibile viverli in modo legalistico e vuoto e, allora arriva l'incongruenza —autentico sarcasmo— di far finta di seguire Dio per finire andando dietro noi stessi.

Lasciamo che l'affascinante semplicità della Vergine Maria s’imponga nelle nostra vite.